Page 55 - Le Riflesione su San Giuseppe
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c)     San Giuseppe è guida nell’atteggiamento di fiducia che reggeva i suoi passi (lettera 185)
                 La lettera scritta a Don Cortona il 23 settembre 1889 è piena di preoccupazioni materiali, specialmente
                 per le difficili condizioni economiche. Il Padre ha i piedi per terra per cui cerca di affrontare con
                 grande  concretezza  il  problema,  offrendo  anche  suggerimenti  per  recuperare  i  fondi  necessari  a
                 mandare avanti la complessa realtà di Santa Chiara. Però, ad un certo punto, emerge tutta la sua
                 spiritualità  e  grandezza  d’animo  che  lo  porta  ad  affermare:  “La  questione  della  pecunia  ci  ha
                 trattenuti già fin troppo in basso ed è tempo di dire il sursum corda. In alto i cuori e nell’occasione
                 degli esercizi spirituali Iddio li riempia di quella fiducia che reggeva il nostro S. Patrono in tutti i
                 passi della sua vita. In quei santi giorni collo spirito di pietà scenda sui fratelli di S.Giuseppe spiritus
                 consilii et fortitudinis. Il lume celeste faccia loro vedere quae agenda sunt e la divina grazia li aiuti
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                 ut quae recta sunt complere valeant ”. San Giuseppe è modello perché di fronte alle preoccupazioni
                 umane e materiali (accoglienza di Maria, fuga in Egitto, ecc…) si tuffa senza calcoli e senza grettezze
                 nel mistero che Dio gli propone e accoglie Maria e inizia il suo “peregrinare nella fede”, con una
                 fiducia inconcussa nella Provvidenza.


                 Il motivo della fede inconcussa nella Provvidenza è un tema ricorrente nella spiritualità marelliana,
                 proprio perché proviene dalla imitazione di San Giuseppe; sempre nella Lettera 83, il Padre scriveva:
                 “Le opere dei Santi, che i secoli hanno rispettato, furono sempre contrassegnate da questo carattere
                 della semplicità […] questa potenza motrice che non è poi infine altro che una fede inconcussa nella
                 Provvidenza, ma sola e destituita d’ogni umana preoccupazione”.

                 Il tema del “pellegrinaggio nella fede”, invece, lo troviamo ben descritto da San Giovanni Paolo II
                 nella Redemptoris Custos, al n° 4; il Papa prima cita il Concilio Vaticano II a proposito della fede di
                 Maria: «La beata Vergine avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione
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                 col Figlio sino alla Croce» ; e poi aggiunge: “Ora, all'inizio di questa peregrinazione la fede di Maria
                 si incontra con la fede di Giuseppe. […] Ciò che egli fece è purissima «obbedienza della fede» (cfr.
                 Rm 1,5; 16,26; 2Cor 10,5-6). Si può dire che quello che Giuseppe fece lo unì in modo del tutto
                 speciale alla fede di Maria: egli accettò come verità proveniente da Dio ciò che ella aveva già accettato
                 nell'Annunciazione. Il Concilio insegna: «A Dio che rivela è dovuta "l'obbedienza della fede", per la
                 quale  l'uomo  si  abbandona  totalmente  e  liberamente  a  Dio,  prestandogli  il  "pieno  ossequio
                 dell'intelletto  e  della  volontà"  e  assentendo  volontariamente  alla  rivelazione  da  lui  fatta»  (Dei
                 Verbum, 5). La frase sopracitata, che tocca l'essenza stessa della fede, si applica perfettamente a
                 Giuseppe di Nazaret”.

                        3.     ESEGESI DEL TESTO
                 Dopo queste necessarie premesse, è ora possibile tentare di fare un’analisi più approfondita del testo
                 della  preghiera,  cogliendo  quello  che  poteva  essere  il  significato  spirituale  che  il  Padre  voleva
                 esprimere. Abbiamo già detto che potrebbe diventare la preghiera del “totus tuus giuseppino”: c’è
                 l’abbandono totale del Marello a San Giuseppe, perché egli è uomo dalla interiorità profonda, ma
                 anche uomo “pratico”, tutto di Dio e tutto degli uomini.




                 6  Il lume celeste faccia loro vedere quello che devono fare e la divina grazia li aiuti a compiere ciò che è retto.
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                  Lumen Gentium, 58.
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