Page 51 - Le Riflesione su San Giuseppe
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Nel presentare il progetto, dopo il preambolo già ben conosciuto da tutti noi (“A chi per qualsiasi
                 ragione…”),  il  Fondatore  utilizza  alcune  parole  a  cui,  forse,  non  sempre  è  stata  data  la  giusta
                 importanza.


                 Scrive: “Il Fratello di S. Giuseppe non è Religioso Professo ma semplicemente Oblato che si offre
                 di continuo a Dio…”.


                 Sebbene  il  Marello  prevedesse  una  vita  di  spiccata  povertà  e  umiltà  per  gli  Oblati,  tuttavia  qui
                 l’avverbio  “semplicemente”  ha  tutt’altro  che  valore  riduttivo!  Vuole  piuttosto  indicare  l’essenza
                 dell’essere oblati, al netto di tutte le situazioni contingenti che potranno essere date dai ruoli, dalle
                 situazioni apostoliche, dagli stati d’animo o dalle condizioni esteriori…

                 Chi entra in Congregazione e sceglie San Giuseppe come suo modello e maestro spirituale, pensa
                 solo al dono completo di sé al Padre, come il falegname di Nazareth si è concretamente dato a Dio
                 per  servire  Gesù  e  Maria.  La  vita  dell’oblato  di  San  Giuseppe  non  ha  senso  se  non  poggia
                 esclusivamente sulla sua “oblatività”, sul suo offrirsi totalmente, come fu per Gesù Cristo, come lo è
                 stato per Maria e Giuseppe. Si tratta, in sostanza, di “portare davanti” a Dio tutto ciò che siamo: sogni,
                 ideali,  progetti,  successi,  fallimenti,  delusioni,  fragilità,  peccati…  La  nostra  consacrazione  come
                 “oblati” ha preso tutto questo e ne ha fatto un olocausto gradito al Signore.


                 Inoltre, l’offerta di sé va fatta “di continuo”, per tutta la vita. Non si tratta di un atto transitorio o ben
                 collocato  in  una  determinata  fase  della  nostra  vita,  magari  riconducibile  al  giorno  della  nostra
                 professione religiosa. Deve essere, invece, una disposizione costante dell’animo, vissuta nel momento
                 presente, ben sapendo che ogni momento è diverso dall’altro. Per questo devo potermi offrire a Dio
                 nell’entusiasmo della mia giovinezza e nella stanchezza della vecchiaia, nella gratificazione data dai
                 traguardi raggiunti e nella delusione dei fallimenti maturati, nella gioia del mio sentirmi “tutto” di
                 Dio e nella sofferenza di non riuscire a dare al Signore se non la parte peggiore di me… Cambiano le
                 situazioni, le circostanze e perciò cambia anche lo spirito della nostra oblatività; ma non deve venir
                 meno il desiderio di offrire tutto a Dio, e farlo per tutta la vita, perché, come ci ha insegnato il Padre
                 Fondatore, in ogni momento si decide la nostra salvezza…ogni momento è un anello della catena che
                 ci conduce a Dio… “ogni momento che passa è una nuova occasione che dobbiamo sfruttare e della
                 quale ci tocca rispondere un giorno al cospetto di Dio” (lettera 54).

                 Per continuare la riflessione personale e comunitaria:
                 si possono leggere i primi 7 articoli delle Costituzioni (nuova edizione).


















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