Page 50 - Le Riflesione su San Giuseppe
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2.     L’OBLATIVITA’ DI SAN GIUSEPPE
                 Nella vita di Giuseppe, il suo essere “oblato”, porta con sé tutta la ricchezza di forza, progettualità,
                 passione, determinazione che poteva essere tipica di un giovane della sua età, innamorato follemente

                 della sua donna, ma anche uomo di fede e “giusto”, pronto a piegare il capo perché la volontà di Dio
                 prendesse forma e concretezza nella sua vita quotidiana.


                 Il racconto evangelico di Matteo ci presenta un uomo adulto nella fede, in cui la dinamicità operosa
                 non entra assolutamente in contrasto con la sua ricca vita interiore; anzi, proprio da questa attinge
                 forza e speranza per ricercare e “fare” la volontà di Dio ed essere così meritatamente associabile alla
                 categoria dei “giusti” dell’Antico Testamento.


                 L’oblatività  di  San  Giuseppe,  il  suo  “portarsi  davanti  a  Dio”  offrendo  tutto  se  stesso,  non  è
                 riconducibile solo ad una “docilitas” (docilità) di fondo che corre il rischio di presentarci un uomo
                 passivo di fronte al progetto di Dio. Parliamo, piuttosto, di una “docibilitas” che potrebbe essere
                 tradotta  con  “insegnabilità”  ovvero  come  disponibilità  o  libertà  del  soggetto  a  lasciarsi  istruire,
                 educare  o  formare-trasformare  dalla  vita,  dagli  altri,  da  ogni  situazione  esistenziale,  come  un
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                 “imparare la vita” e imparare a farlo per tutta la vita.

                 Giuseppe decide di consegnare la sua vita nelle mani di Dio per lasciarsi modellare da Lui, cogliendo
                 tutti gli eventi, che di lì in seguito avrebbero scandito la sua esistenza, come spunti per crescere,
                 maturare, trasformarsi. Perfino le rinunce, le avversità, i pericoli, gli scombussolamenti spirituali
                 diventano per lui occasione di crescita. E questo non solo agli inizi del suo percorso vocazionale, ma
                 per tutta la vita.


                 In questo processo di docibilitas, Giuseppe è coinvolto attivamente e responsabilmente: è lui il vero
                 protagonista del cambiamento, perché presta attenzione ad ogni evento che può diventare formativo,

                 compie il suo discernimento (“mentre stava pensando a queste cose” - Mt 1,20) e, pur nell’obbedienza
                 totale alla Voce di Dio, decide di “fare” (fecit) la Volontà di Dio.


                 L’essere “oblato” per San Giuseppe racconta non tanto la sua rinuncia a seguire progetti propri,
                 quanto piuttosto la sua profonda libertà interiore nel lasciarsi “istruire” da qualsiasi frammento di
                 verità e bellezza attorno a sé, nelle cose e nelle persone, fidandosi totalmente del progetto di felicità
                 offertogli da Dio: “nella tua volontà è la mia gioia…grande pace per chi ama la tua legge” (Salmo
                 118).


                 3.     ESSERE SEMPLICEMENTE OBLATI
                 Il 4 novembre del 1877, il Marello scrive una lettera a don Cesare Rolla (un suo figlio spirituale) in
                 cui  presenta  “il  primo  abbozzo  della  Regola  fondamentale”  della  Compagnia  di  San  Giuseppe,
                 manifestando ancora più chiaramente il suo voler prendere ispirazione dal modello San Giuseppe.
                 Si tratta della Lettera 108 che, a ragione, può essere considerata come la vera lettera di fondazione
                 della nostra Congregazione.





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                  Per approfondire: cfr. A. CENCINI, L’Ora di Dio, La Crisi nella Vita Credente, Bologna, EDB, 2010.
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