Page 38 - Le Riflesione su San Giuseppe
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Per riflettere: La mia obbedienza è pronta, semplice e soprannaturale? I superiori possono sempre
contare sulla mia disponibilità per accettare un cambiamento di casa, di parrocchia, di servizio?
Oppure hanno paura di chiedermi qualcosa, hanno difficoltà ad organizzare la provincia perchè io
mi rifiuto a collaborare?
03 – San Giuseppe presiede la famiglia di Nazareth, la sostiene con il suo lavoro, la difende e la
protegge, non con atteggiamenti di protagonista, ma lasciando a Dio questo ruolo. Dopo aver dato
inizio alla giornata con la lode a Dio assieme alla sua famiglia, Giuseppe si dedica al lavoro di
carpentiere/fabbro nella sua bottega: accoglie e contratta le richieste dei clienti, dando loro la dovuta
attenzione; e a suo tempo facendo le consegne nei modi giusti e onesti concordati. Tuttavia, uomo
riflessivo com’è, Giuseppe conosce e stabilisce in tutto delle priorità: Dio viene al primo posto e da
Lui Giuseppe sa che dipende in tutto. Poi viene la sua famiglia. E c'è la giusta attenzione anche al
lavoro e ai clienti, da servire con professionalità. Amore per Dio, per le persone e per lecose,
esattamente in quest'ordine.
Sicuramente Gesù osservava, sin da piccolo, il comportamento, e le virtù di Maria e di Giuseppe. Si
specchiava in loro e cercava di imitarli in tutto, d’accordo con la sua età, come dice l’evangelista:
«cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini» (Lc 2,52). Trattandosi di un
ragazzo, era naturale che seguisse suo padre nella falegnameria, interessandosi ai vari tipi di lavoro
che Giuseppe eseguiva, osservando con attenzione e imparando il modo corretto di usare gli attrezzi
e di eseguire con precisione i lavori richiesti dai clienti. Fu così che imparò la professione paterna,
meritando lo stesso titolo di carpentiere che era stato di suo padre: “Non è questi il figlio del
falegname?” (Mt 13,55); e “Non è costui il falegname figlio di Maria, fratello di Giacomo, di Iose, di
Giuda, e di Simone?” (Mc 6,3).
Il nostro “lavoro” non è la falegnameria, bensì l’apostolato. Ad esso dovremmo dedicarci “con
professionalità”, col “sudore della fronte”, come se da noi dipendesse la salvezza del mondo. Tuttavia
senza arroganza o malavolontà, pigrizia e minimalismo. Ma neanche con avidità per posizioni
migliori, come ci mette in guardia il nostro Fondatore “A somiglianza del grande Patriarca San
Giuseppe, se tu dovessi servire a Gesù in lavori umili ed inferiori a quelli di San Pietro, pensa che
l’umile custode di Gesù ha un posto più alto in cielo che il grande Apostolo” (L 282). Avendo il
modello di San Giuseppe sempre davanti agli occhi, potremo fare del gran bene alle anime e in primo
luogo alla nostra.
Per riflettere: Sono prestativo, servizievole, disponibile? Oppure sono pigro, indolente, pessimista
nel lavoro affidatomi? Mi offro eventualmente e volentieri ad aiutare i miei confratelli? Sono creativo
nell’ufficio che mi è stato affidato? Lavoro per farmi lodare e ingraziarmi i superiori, o per fare
soprattutto la volontà di Dio? Sono allegro e felice nel mio ufficio? Come mi vede la gente?
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