Page 40 - Le Riflesione su San Giuseppe
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perduta. Giuseppe insegna che avere un posto dove stare, una casa cioè, è importante; avere qualcuno
da amare, è indispensabile, perché questo significa famiglia. In ultimo avere entrambi, una casa e una
famiglia, questa è una benedizione.
San Giuseppe non è un uomo diverso e distante da noi. Anche se i Vangeli sembrano suggerirci il
contrario per la sua speciale vicinanza al Figlio di Dio, lo Sposo di Maria è una persona vicina e molto
simile a noi. Quel poco che di lui la Sacra Scrittura dice lo rende certo un personaggio straordinario,
ma non per questo lontano da noi anni luce. Proviamo a capire com’è possibile che un uomo così
profondamente amato da Dio possa essere considerato tranquillamente uno di noi. Sono convinto che
questa vicinanza non sia solo per una vita che oscillava, come abbiamo visto, tra la famiglia, la bottega
e la sinagoga. Come accadde per Giuseppe, padre putativo di Gesù, anche per noi nulla della vita,
della nostra storia riguarda solo noi. Sovente ci si illude che tutto sia racchiuso e stabilito in quello
che riusciamo a pensare, a dire e a fare. In realtà non è così. La vicenda terrena di quest’uomo mite e
giusto parla di un legame tra la terra e il cielo. A noi probabilmente non è mai capitato di percepire
la presenza di un angelo in sogno. Quante volte però, abbiamo avvertito dentro un pensiero, una
parola, un sentimento proveniente non da noi. Qualche esperienza o persona che ci ha ricordato che
non tutto si gioca sul piano orizzontale delle vicende umane e che nella vita, per chi sa cogliere e
guardare in profondità, i punti di incontro con il cielo sono tanti. Non si procede solo orizzontalmente.
Pensate al “reticolato geografico” costituito da paralleli e meridiani: quanti punti di incontro.
La nostra vita come quella di Giuseppe, non è solo nostra. Il legame con gli altri, un incontro e
un’esperienza significativa di vita, il desiderio di essere migliori, la percezione dei nostri limiti, le
nostre stesse fragilità, sono alcuni dei punti di incontro tra il cielo e la terra; sono, in un certo senso i
nostri “paralleli” che si incrociano con le “meridiane” del cielo. La vita di Giuseppe suggerisce che
l’esperienza di ogni uomo e donna è un continuo confrontarsi con il cielo. La venerabile Anne Marie
Medeleine Delbrêl, mistica e poetessa francese ha scritto che “ogni piccola azione è un avvenimento
immenso nel quale ci è donato il paradiso, nel quale possiamo donare il paradiso. Che importa quello
che dobbiamo fare. Tutto ciò che facciamo non è che la scorza della realtà splendida, l’incontro
dell’anima con Dio, rinnovata ad ogni minuto, ad ogni minuto accresciuta in grazia, sempre più bella
per il suo Dio”. Per questa donna del nostro tempo anche gli impegni e gli inconvenienti allora sono
occasioni in cui Dio e gli uomini si incrociano: “Suonano? Presto andiamo ad aprire: è Dio che viene
ad amarci. Una informazione? Eccola: è Dio che viene ad amarci. È l’ora di mettersi a tavola?
Andiamoci: è Dio che viene ad amarci. Lasciamolo fare”. E’ una caratteristica che lo avvicina a tanti
infaticabili cercatori di “vita piena”.
Un altro motivo che rende questo “gigante della fede” non lontano da ogni essere umano ci viene
suggerito dai racconti sull’infanzia di Gesù. Il Figlio di Dio è nato in un contesto difficile e
complicato, proprio come l’esistenza di tanti uomini, paragonabile a un pendolo che oscilla tra
momenti lieti e tristi. I dolori e le allegrezze di San Giuseppe richiamano questo alternarsi di gioie e
sofferenze. Mi chiedo come devono essere stati i pensieri di Giuseppe nei giorni in cui Dio ha deciso
di farsi uomo tra gli uomini. Sicuramente non molto distanti dai nostri quando facciamo di tutto per
non smarrire la fede dinanzi a situazioni sempre più grandi, capaci di smantellare senza alcuna pietà
certezze e convinzioni, come la morte di una persona cara, la perdita di un lavoro, o l’insorgere di
una malattia grave. Giuseppe incrocia continuamente Dio perché ha scelto di lasciar parlare la vita.
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