Page 145 - Le Riflesione su San Giuseppe
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Tutto proceda per principi di fede, con una illimitata confidenza negli aiuti del cielo e un sentimento
                 indefettibile di riconoscenza al Signore ed a Lui solo tanto nell'abbondanza come nel difetto, memori
                 che basta a ogni giorno la sua pena".


                 10 - Circa la struttura organizzativa, bisogna dire che don Marello non aveva più grande fiducia nei
                 calcoli umani. Egli aveva superato ormai il periodo giovanile con tutti quei sogni di gioventù: prima

                 "le amicizie politiche dei lavori preparatori", "l'apostolato umanitario", “il giornalismo”, “la tribuna
                 politica”,  “il  proselitismo  dottrinario  e  pratico":  tutte  cose  che  aveva  lasciate  alle  spalle,  per
                 concentrarsi sulla fede e su un amore sconfinato alla Chiesa, vera promotrice di bene nella società in
                 tutti  i  tempi.  Scriveva  dunque:  "Le  opere  dei  Santi  che  i  secoli  hanno  rispettato  furono  sempre
                 contassegnate da questo carattere della semplicità. Vale meglio un pensiero di carità che si feconda
                 nel cuore del nostro Cottolengo di mille progetti filantropici che si vogliono promuovere a furia di
                 milioni spremuti dalle vene del popolo". Con questo principio della semplicità, si doveva cominciare
                 da ciò che era possibile al momento e poi sviluppare il lavoro secondo quello che di giorno in giorno
                 la Provvidenza additava di fare. L'importante era non arrestarsi mai ed essere fedeli a quel principio
                 fino in fondo.

                 11- A che cosa mirava in concreto la Compagnia di San Giuseppe e con quali armi doveva combattere
                 la santa battaglia? Mirava alle finalità proprie delle Associazioni che si erano già costituite altrove
                 (sia pure solo nei grandi centri per allora): cioè curare gli interessi di Gesù, una espressione di origine
                 paolina,  molto  usata  allora,  tanto  che  la  prima  Associazione  costituita  a  Roma  si  chiamava
                 "Associazione degli interessi cattolici".


                 Le armi, cioè i mezzi, dovevano essere la preghiera nella Chiesa del (Nome di) Gesù, la cultura con
                 la biblioteca circolante dei libri raccolti fra gli amici di ordinazione (custodita da Delaude), il lavoro
                 per il fabbisogno delle chiese povere, la catechesi, ecc.

                 Tutte  queste  cose  il  Marello  cominciò  a  svolgere  dall'anno  seguente  (1873)  e  la  più  riuscita  (e
                 ricordata) era l'Adorazione Eucaristica del giovedì, presente nelle sue intenzioni fin dal principio:
                 "Farò le mie private preghiere in unione con quelle che Ella vorrà promuovere a questo stesso fine,
                 chissà se fosse possibile anche in pubblico, con qualche lettura mattutina o serotina o ADORAZIONE
                 o altro pio esercizio nella nuova Chiesa...".

                 Da questa devozione eucaristica nacque anche la "Pia Unione delle perpetue adoratrici nel secolo",
                 che Don Marello promosse e per la quale preparò un libriccino di preghiere e di utili consigli spirituali.
                 Molta gente dalla città accorreva alla Chiesa del Gesù per le adorazioni eucaristiche predicate dal
                 Marello, il quale cominciò così a divenire un punto di riferimento per le confessioni e la direzione
                 spirituale  formando  anime  apostoliche  e  promovendo  vocazioni  alla  vita  religiosa,  soprattutto
                 femminile.

                 12- Un ragazzo del Michelerio, che poi si fece Fratello nella Congregazione, Giuseppe Coppo (Fratel
                 Benedetto), ricordava quei giovedì nella Chiesa del Gesù: "Rimasto orfano del padre e avendo la
                 mamma dovuto seguire i parenti che si recavano in Francia, fui posto nell'Opera Michelerio all'età di
                 circa dieci anni. Feci prima il falegname, poi il tipografo ed infine il sarto. Qualche volta dovetti
                 andare in vescovado per commissioni, e mi incontrai con don Marello, che allora era segretario del
                 Vescovo. Fu tosi cortese e gentile con me che io ne rimasi ammirato e questa ammirazione andò
                 aumentando con gli anni. Non perdetti più di vista il Servo di Dio, che io vedevo talora in Duomo e
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