Page 99 - Le Riflesione su San Giuseppe
P. 99
Varie sono le manifestazioni e dimostrazioni della Povertà, specie per noi religiosi. Ne riportiamo
alcune : la sobrietà (personale, comunitaria e istituzionale); la fraternità, attraverso la solidarietà e la
condivisione; la mitezza, fatta di umiltà, di pazienza e di rinuncia a rapporti di supremazia; il servizio
agli altri, cominciando dai più vicini.
Il lavoro è una di queste manifestazioni e dimostrazioni della Povertà. Al riguardo non c’è
bisogno di ragionamenti o dimostrazioni.
Non è fuori luogo ricordare il severo monito di San Paolo : “Chi non vuol lavorare neppure mangi”
(2 Ts 3,10). Tuttavia sono maggiormente significative le parole di Gesù : “Lavorate (è questo il primo
significato del verbo greco) non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura per la vita eterna” (Gv
6,27).
3. Alla scuola di San Giuseppe.
Il Vangelo mostra chiaramente che Gesù è nato, vissuto e morto povero. Particolarmente nei lunghi
anni passati a Nazaret con “i suoi genitori” (Lc 2,41) Gesù, mentre “cresceva in sapienza età e grazia
davanti a Dio e agli uomini”, “stava loro sottomesso” (Lc 2,51-52), vivendo in povertà e col lavoro.
Certamente la famiglia di Gesù, guidata da Giuseppe, era povera, benché non conosciamo lo stato
di questa povertà. Ce lo fa capire senza equivoci il Vangelo di Luca, che è tutto pervaso da una
teologia dei poveri e della povertà, specie quando nella presentazione di Gesù al tempio i suoi genitori
offrono “in sacrificio una coppia di tortore e di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore”
(Lc 2,24) : era questo il sacrificio dei poveri (cfr. Lv 12,8).
La povertà della Famiglia di Nazaret è manifestata e sostenuta col lavoro manuale di Giuseppe e
dello stesso Gesù alla scuola di Giuseppe. Infatti durante la vita pubblica Gesù, proprio in una sua
visita a Nazaret, è riconosciuto come “il carpentiere” (Mc 6,3) e come “il figlio del carpentiere” (Mt
13,55) nel Vangelo di Matteo, che dà speciale importanza a Giuseppe nella nascita e infanzia di Gesù.
Come figlio, Gesù ha ricevuto, imparato e vissuto alla scuola e a fianco di Giuseppe il lavoro manuale
durante la maggior parte degli anni della sua vita sulla terra.
Con San Giuseppe la povertà e il lavoro diventano parte e veicolo del mistero della redenzione e della
rivelazione cristiana (cfr. “Redemptoris Custos, specie ai nn. 22-24).
4. Per noi Oblati di San Giuseppe.
Anche per noi Oblati povertà e lavoro sono situazioni fondamentali di vita umana e religiosa; e nel
lavoro come manifestazione del Voto di Povertà abbiamo il nostro Patrono a modello straordinario
per figura, missione e vita, ma accessibile in concreto.
Secondo le nostre Regole (Costituzioni e Regolamento Generale).
Citiamo l’art. 29 delle Costituzioni : “Da veri poveri, gli Oblati di San Giuseppe si sentano impegnati
alla comune legge del lavoro, procurandosi così i mezzi per il loro sostentamento, per le loro opere e
per le necessità dei poveri”. Lasciamo alla riflessione personale e comunitaria le varie considerazioni
che se ne possono trarre.
Seguendo lo stesso art. 29 delle Costituzioni sulla “comune legge” del lavoro come dimostrazione di
povertà, terminiamo col pensiero fiducioso e consolante alla Provvidenza Divina : “ (Gli Oblati di
San Giuseppe) allontanino, però, da sé ogni eccessiva preoccupazione e si affidino alla Provvidenza
del Padre, come fece San Giuseppe che fu il Santo della Provvidenza”.
97