Page 85 - Le Riflesione su San Giuseppe
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dischiudere il germe di salvezza. Il cristiano non riceve una chiamata alla normalità. San Giuseppe
                 diventa padre e sposo in maniera così lontana dal normale. Niente è lo stesso se lo si vive da figli di
                 Dio.


                        La storia andrà guardata attraversando l’invisibile, altrimenti resterà sempre orizzontale. Lo
                 scacco si giocherà sempre tra il rimanere sulla mediocrità oppure entrare nella grandezza. E per questo

                 sarà importante rimanere al confine tra l’umano e il divino.

                        L’instabilità causata dalla pandemia a ogni livello sociale e in maniera ancor più marcata
                 l’esperienza  del  look  down, ha  restituito  a  ciascuno  la  consapevolezza  del  senso  d’impotenza.
                 Qualcosa certamente di triste, tragico, ma non per questo da sottovalutare e scartare. L’esperienza del
                 non  essere  i  padroni  del  tempo  e  della  storia  ha  dichiaratamente  posto  ogni  uomo  davanti  alla
                 possibilità  di  discernere  come  meglio  poter  vivere  il  momento  storico;  quell’oggi  che  gli  è
                 continuamente consegnato come dono. La possibilità cioè di accogliere, affrontare e vivere la realtà,
                 il  proprio  malessere,  il  problema,  partendo:  o  dal  piangersi  addosso,  oppure  entrare  in  questa
                 esperienza e viverla come possibilità di incontro con Dio.


                        Se non si apre il cuore queste cose non le si vede. “Avvenga di me secondo la tua Parola” (Lc
                 1,38).  “Destatosi  dal  sonno  fece  come  l’angelo  gli  aveva  detto”  (Mt  1,  24).  In  qualche  maniera
                 attraverso noi passa l’opera di Dio. La possibilità è sempre duplice o restare chiusi, inermi, fermi
                 intrappolati nel proprio orizzonte, nella propria angoscia; oppure permettere a Dio, che attraverso gli
                 eventi si realizzi la sua opera. A ciascuno è riconsegnata la continua possibilità di dire sì o no.

                        Il pericolo in cui potrebbe incappare il cristiano d’oggi è ritenere la preghiera, la fede, la
                 personale  relazione  con  Dio,  come  una  qualche  forma  di  “assicurazione”  contro  gli  infortuni.
                 L’esperienza di Giuseppe di Nazareth ci accompagna così a riformulare la nostra preghiera: non,
                 liberaci dalla pandemia…perché nella tua potenza, che è potenza d’amore, Signore tutto puoi; ma
                 infondi in noi lo Spirito di Sapienza per entrare nel mistero di questa storia…  Storia intrisa dal
                 “mysterium  iniquitatis”  che  non  potrà  mai  essere  compreso  senza  riferimento  al  mistero  della
                 redenzione, al “mysterium paschale” di Gesù Cristo.

                        Entrare nel piano di Dio significa recuperare la storia nella sua totalità, in quella ricchezza di
                 bene intaccata e ferita purtroppo dal male, restituendosi tutto come possibilità di vita seppur a volte
                 travagliata e più faticosa. “Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro
                 le potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore,
                 fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter
                 restare unito al bene, ne può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con
                 l’aiuto della grazia di Dio” (Gaudium et Spes, 37).


                        AL CUORE D’OGNI COSA: RICONOSCERSI SALVATI
                 Il  cammino  che  Giuseppe  di  volta  in  volta  compirà  verso  Maria  e  Gesù  mostrerà  il  cuore
                 dell’esperienza dei salvati, riconoscere cioè che l’obiettivo non sarà mai la sola preoccupazione di
                 salvarsi. La personale salvezza non è sufficiente, non basta. La verità profonda risiede nel riconoscersi
                 strumenti di salvezza, di speranza…  Ciascuno di noi allora o sarà via della grazia o ostacolo della
                 grazia. Giuseppe sarà canale di grazia. Dovrà necessariamente credere alla grandezza della sua storia.
                 Superare la propria individualità, i propri progetti, l’idea di stabilità e comodità ottenuta in Egitto, per
                 entrare in una volontà, quella di Dio.
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