Page 161 - Le Riflesione su San Giuseppe
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sarebbe stato abbastanza per sfiancare la fibra di qualsiasi operaio evangelico, non pero quella del
                 debole  e  forte  Marello  che  riusciva  ad  unire  insieme  le  sue  precarie  condizioni  di  salute  con  le
                 impellenti occupazioni di ogni giorno senza apparentare nerviosisimo o stanchezza, sempre fedele al
                 principio di fare bene ogni cosa con quella operositá costante che era racchiusa in uno dei suoi primi
                 propósiti sacerdotali.” (Dalmaso I. 747).
                        1883. L’anno della morte del padre, scrive al fratello: “In questi giorni mi trovo legato con
                 parecchi giri di catena ....” Era cancelliere della curia (attento, diligente sempre amabile con tutti, dirá
                 Mons. Ronco!);  nel  seminario, nella  cattedrale con  i canonici  e  le confessioni, con  gli Oblati al
                 Michelerio, nell’Ospizio cerrato con gli svariati problemi di questa casa, alla direzione spirituale della
                 Opera milliavacca, ed altre ancora. (Dalmaso II, 941)

                        1885 Era l´anno in cui il padre si trasferí finalmente in casa nostra con il permesso del Vescovo
                 Mons. Ronco. “Era sempre ocupatissimo in ogni momento ed in assai diverse. Camminava veloce a
                 passi corti... Il fondatore riusciva a seguire direttamente tutto l’andamento della casa... i libri contabili
                 erano aggiornati, ed attendeva alle spese piú urgenti” (Dalmaso 11,1110. 1113)


                        1889. Alla conclusione della sua permanenza in Asti, cosí lo descrive P. Dalmaso: “Sacerdote
                 pietoso, umile, amabile... In realtá era di una forza morale e di una operositá senza tregua: questo il
                 retratto fedele di questi venti anni come sacerdote” (Dalmaso II,1156)

                        1895, mese di aprile, siamo a pochi giorni dalla morte. Le ultime visite pastorali. Un testimone
                 afferma: “Constatai in lui l’instancabilitá, quasi non sentisse il pesso della fatica in funzioni che si
                 sono protratte dalle sei del mattino sino a mezzigiorno; egli non diede segno di stanchezza né di noia,
                 né di premura.” (Dalmaso II, 1979)

                 LA TRADIZIONE DI LABORIOSITÁ CHE HO POTUTO RACCOGLIERE.
                        Quando entrai in Casa Madre nel 1948 questo spirito di laboriositá, chiara ereditá del santo
                 fondatore, era molto evidente sia nel sacerdoti come nei fratelli. Nel resto della nostra formazione in
                 frinco,  Armeno,  Canelli e Roma abbiamo sempre alternato molto contenti  lo studio ed il lavoro
                 manuale; l’orto, il bosco, i prati, la stalla, il fieno, i servizi di muratura e tinteggiatura in casa, sia
                 nell’inverno come nell’estate, di giorno ed anche molte volte di notte per non sotrarre ore di scuola o
                 studio, rinunciando alle vacanze in comunitá o in fagmilia. Se questa é stata la mía sperienza, non
                 posso lasciare nel silenzio il nome di molti confratelli esemplari.

                        P. Pietro Franchini insigni maestro e formatore di generazioni di allievi, sempre ocupato nei
                 lavori della casa; P. Natale e Bertini nel castello di Frinco; P. Ilario Gambino nostro professore di
                 morale a Roma ed infaticabile coltivatore dell’orto. In Santa Chiara i fratelli Carosso e Carlo Gallo;
                 in Armeno Fr. Lino e Fr. Maestri; in Villa Quaglina Fr. Baldi, Fr. Lano, Fr. Rinaldi. Artivando nel
                 Perú conobbi meglio Mons. Marco poco familiare con lettere peró carico di grande senso pratico e
                 calore umano; strumenti di lavoro bene si accompagnavano nelle sue mani con gli oggetti sacri P.
                 Guglielmo Calliari, infaticabile missionario per molti anni sulle Ande, occupava i momenti liberi del
                 giorno o della notte rilegando libri o riviste, confezionando migliaia di corone del Rosario che poi
                 regalava  diffodendo  la  devozione  a  Maria,  oppure  preparava  quadri  di  santi  e  del  Signore.  P.
                 Sebastiano Fancello straordinario esempio di laboriositá nonostante le limitazionoi fisiche imposte
                 da una distrofia progressiva: seppe coniugare meravigliosamente evangelizzazione ed una moltiforme
                 promozione umana prima in Perú e poi in Bolivia.

                 P. Mario Briatore, un caratttere aperto, grande amico, incansabile predicatore ed insigne propagatore
                 dell’apicultura in Bolivia, in Perú ed in Brasile. Abbiamo ancora fra noi nel Perú alcuni confratelli
                 testimoni della prima generazione come P. Lorenzo Bo che sempre alternó il lavoro pastorale con lo
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