Page 160 - Le Riflesione su San Giuseppe
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quando Gesú annunciava il vangelo del lavoro: “Con l’umile lavoro di falegname, San Giuseppe
                 preparó Cristo lper il suo ministero di salvezza”. (RC 8) Piú avanti il papa dirá: “vita della famiglia
                 di Nazaret il lavoro di fagnelame Giuseppe era l’espressione quotidiana del suo amore di sposo e di
                 padre. Falegname! una semplice parola che definí tutta la vita di Giuseppe in primo luogo, e poi anche
                 la vita di Gesú come aprendista e associato nel lavoro di suo padre Giuseppe ... Grazie al suo bancone
                 di lavoro, presso il qualle esercitava la sua professione con Gesú, Giuseppe inserí il lavoro umano nel
                 mistero della redenzione operata dal Redentore dell’uomo, Gesú... Nella crescita umana di Gesú (in
                 etá, sapienza, e grazia), rappresentó una parte notevole la virtú della laboriositá... che fa l’uomo piú
                 uomo (in certo senso) perché da l’ocassione di plasmare la natura.”(Red. Custos 22-23 ). Nella bottega
                 di Nazaret il lavoro humano fu redento dalla sua condanna e trasformato in camino di santitá. Questo
                 ha intuito il nostro Fondatore, come vedremo in seguito.

                        Il decreto sulla eroicitá delle virtú del nostro santo fondatore (dato il 12.06.1978) comincia
                 riportando  queste  parole  del  papa  Paolo  VI:  “San  Giuseppe  é  il  modello  degli  umili che  il
                 cristianesimo eleva a grandi destini, San Giuseppe é la chiara dimostrazione che per essere buoni ed
                 autentici seguaci di Cristo non é necessario fare cose straordinarie, ma basta solamente la pratica delle
                 virtú comuni, umane, semplici, pero vere autentiche. Dopo queste parole che sono riprese anche da
                 Giovanni  Paolo  II  nella  Red.  Custos(nº  23)  continua  dicendo  il  decreto  qualcosa  di  massima
                 importanza per noi figli del Santo Fondatore: “Avete percepito questa veritá, averne fatto un principio
                 di vita per sé e per gli altri, averla personalmente esaperimentata, é stato il carisma e l’impegno di
                 Giuseppe Marello, Fondatore degli Oblati di San Giuseppe e vescovo di Acqui”.

                        Dopo questo accostamento fra San Giuseppe ed il nostro Santo Fondatore, comprendiamo che
                 lo Spirito Santo ha confidato alla nostra famiglia religiosa una nuova spiritualitá, típica del Marello:
                 egli la visse e la propose come camino spirituale ad altri, in primo luogo a noi sui figli. Era una nuova
                 spiritualitá, proveniente  dal  lavoratore San Giuseppe; segalava un nuovo camino  per superare  le
                 tensioni sociali e politiche del suo tempo ed indicava come cammino di superazione la santitá nella
                 vita  ordinaria  (lavoro,  casa,  famiglia,  vita  domestica  e  sociale...),  lasciano  a  parte  le  illusioni
                 filantrópiche degli anni giovanili del Marello. ( Dalmaso III, 2263-2264 )

                        Si trattava di vivere quel AGE QUOD AGIS (fa bene quello che stai facendo) che il Marello
                 si era proposto assieme al suo amico Delaude quando era chierico il 12-01-1867. “Age quod agis” in
                 capella, nello studio, approfittando titti i ritagli di tempo per dedicarlo all’unica cosa necessaria, dalla
                 sveglia del mattino sino all’orazione della notte, inginocchiato sulla nuda terra, nelle ricreazioni e a
                 tavola... avendo come primo obiettivo aquistare la semplicitá di un bimbo.” (Dalmaso I, 287)

                        Nella biografía di p. Dalmaso sono parecchi gli acceni alla fedeltá del Marello a questa norma
                 di laboriositá nella vita.

                        1869, quando era appena entrato al servizio di Mons. Savio come secretario: “confessava di
                 aver cosí poco tempo che non era libero di dedicarsi a scrivere una pagina cordiale con gli amici.
                 Questa penuria di tempo, unita alla ricerca della unica cosa necessaria lo costrinse a ridurre il numero
                 e l’estensione della sua lettera agli amici.” (Dalmaso I,425)

                        1880, quando erano gia 12 anni al servizio di Mons. Savio. “In una lettera ed un amico gia nel
                 1871 aveva definito  la sua salute come una  “olla fessa” (pentola di terracotta incrinata) che con
                 qualche attenzione tiene il posto di una nuova. Ebbene, il can. Marello fedele al suo principio “age
                 quod agis” con la poca salute di cui disponeva nell’anno 1880 accumulava sulle sue spalle: segretario
                 del vescovo, fundatore degli oblati di San Giuseppe, canonico della cattedrale, confessore e direttore
                 spirituale  nel  seminario,  incaricato  della  buona  stampa  nella  diocesi,  direttore  diocesano  della
                 associazine della dottrina cristiana, non ultimo quello di confessori in vari istituti e nel duomo. Ce ne
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