Page 121 - Le Riflesione su San Giuseppe
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SAN GIUSEPPE, MINISTRO DELLA SALVEZZA
                 P.  José Antonio Bertolin, OSJ

                 L’Esortazione Apostolica Redemptoris Custos di Papa Giovanni Paolo II situa il ministero di San
                 Giuseppe all’interno del mistero della salvezza, affermando che Egli “fu chiamato da Dio a servire
                 direttamente la Persona e la missione di Gesù, con l’esercizio della sua paternità: in questo modo,
                 precisamente, Egli cooperò al grande mistero della Redenzione al compimento della pienezza dei
                 tempi ed è veramente ministro della salvezza” (RC 8). Da qui si comprendono la sua importanza e la
                 qualità della sua collaborazione al progetto di Dio della salvezza, per il fatto di aver accettato la sua
                 vocazione e il suo compito specifico.


                 San Giuseppe non è, dunque, un personaggio di secondaria importanza e meno ancora una figura
                 decorativa nel piano della nostra salvezza. Dio lo scelse e lo designò a un compito specifico, che è
                 necessario conoscere sotto pena di non aver chiara la ragione del mistero della redenzione umana con
                 il  suo  fondamento  nell’umanità  del  Figlio  di  Dio,  di  cui  Giuseppe  dev’essere  padre  sulla  terra.
                 Pertanto, la presenza di San Giuseppe nella Storia della Salvezza è legata al piano dell’Incarnazione,
                 per la quale fu stabilito che il Verbo sarebbe appartenuto al genere umano attraverso la sua inserzione
                 nascosta nell’istituto della famiglia.


                 Giuseppe fu, dunque, in virtù della missione affidatagli, oggetto di una sublime elezione da parte di
                 Dio, per essere tra tutti gli uomini il prescelto a fare da collaboratore diretto di Dio, il “padre putativo”
                 del  suo  Unigenito  Figlio,  “il vero sposo  della  Regina del mondo  e  Signora  degli  Angeli”  (SCR,
                 Inclytus Patriarcha Joseph, 10/09/1847).


                 Questi due titoli, padre del Figlio di dio e sposo della Vergine Madre di Dio, fanno di Giuseppe una
                 figura irraggiungibile nell’ordine della santità, a causa “delle grazie singolari e dei doni celesti con i
                 quali Dio lo arricchì abbondantemente i vista dell’incarico che Gli affidava". Di fatto, Egli compì
                 alla perfezione il compito a lui affidato e la missione ricevuta, mettendosi senza condizioni totalmente
                 a disposizione della volontà divina.


                 La  sua  missione  è  unica  e  grandiosa:  custodire  la  santità  e  la  verginità  di  Maria,  cooperare
                 all’Incarnazione del Verbo e alla salvezza dell’umanità. “La santità di Giuseppe consiste esattamente
                 nel  compimento  fedele  e  perfetto  di  questa  missione  grande  e  insieme  umile,  nobile  e  nascosta,
                 risplendente e allo stesso tempo misteriosa” (Pio XI, Discorso del 19/03/1928).

                 Dal momento in cui l’Angelo rivela a Giuseppe la sua vocazione (Mt 1,21), la sua vita non ebbe altro
                 scopo ed altra ragione se non quella di servire il Redentore. Paolo VI lo afferma in modo molto
                 incisivo, quando dice: “San Giuseppe mise subito a disposizione dei disegni di Dio tutta la sua libertà,
                 la sua legittima vocazione umana, la sua propria felicità coniugale, accettando della famiglia la
                 condizione, la responsabilità e il peso, rinunciando però, per un incomparabile amore verginale,
                 all’amore coniugale che alimenta e sostenta la famiglia, per offrire così con sacrificio totale la sua
                 esistenza alle imponderabili esigenze della venuta del Messia” (Discorso del 19/03/1969).
                 Contemplando  la  missione  di  San  Giuseppe  come  collaboratore  di  Dio  nel  mistero  della  nostra
                 redenzione, ci accorgiamo che la sua caratteristica è quella “di aver fatto della sua vita un sacrificio
                 e un servizio al mistero dell’Incarnazione e alla missione redentrice che le è unita e di aver usato
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