Page 118 - Le Riflesione su San Giuseppe
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San Giuseppe, egli dovesse servire in uffici modesti e inferiori a quelli di San Pietro” (Cost., n.13).
                 Per quanto riguarda, invece, la scelta del campo dell’apostolato, viene ricordato che “imitando San
                 Giuseppe, il Santo della vita umile e nascosta e della piena fiducia nella Provvidenza divina, gli Oblati
                 scelgono di poter servire la Chiesa in attività e luoghi umili, contenti di attendere ai lavori più semplici
                 e ordinari con amore straordinario” (Cost., n.58).

                        L’accostamento che qui troviamo tra il lavoro semplice e ordinario e l’amore straordinario ci
                 introduce  nel  grande  tema  del  rapporto  armonioso  che  deve  esistere  tra  la  vita  attiva  e  quella
                 contemplativa, racchiuso nell’aforisma “certosini in casa e apostoli fuori casa”, più volte ripetuto.

                        Nei “Principi generali” riguardanti l’apostolato si ricorda che “il Fondatore, San Giuseppe
                 Marello,  volle  che  gli  Oblati  fossero  ‘apostoli  fuori  casa’  e  portassero  Cristo  al  mondo  con  la
                 dedizione con la quale San Giuseppe, a ciò chiamato dall’Eterno padre, custodì Gesù e lo preparò al
                 suo ministero di salvezza” (Cost., n.57).

                 L’aspetto della “certosinità” è trattato, invece, in relazione alla “vita comunitaria”: “Per realizzare
                 l’idea del Fondatore che voleva gli Oblati ‘certosini in casa’…, occorre che ogni nostra casa religiosa,
                 anche  se  piccola,  sia  organizzata  come  una  vera  comunità,  dove  siano  facili  soprattutto  il
                 raccoglimento e la preghiera”. E’ qui, nell’ambito del raccoglimento e della preghiera, che viene
                 inserita l’esigenza del silenzio: “Sull’esempio di San Giuseppe, additato dal Fondatore come Santo
                 del Silenzio, gli Oblati coltivino il silenzio come mezzo indispensabile di raccoglimento, di seria
                 applicazione allo studio e di rispetto verso la comunità” (Cost., n.39).

                        L’importanza di armonizzare le due dimensioni – azione e contemplazione - è considerata già
                 nel contesto del noviziato, dove al Maestro si raccomanda che “i novizi sappiano armonizzare la
                 contemplazione e la meditazione della Parola di Dio con l’ardore apostolico, per mezzo del quale essi
                 si studiano di collaborare all’opera della redenzione. In questa maniera essi si formeranno al duplice
                 programma di vita additato dal Fondatore: ‘Siate Certosini in casa e Apostoli fuori casa’” (Reg., n.70).

                        La stesura delle nostre norme di vita – Costituzioni e Regolamento Generale – non ha potuto
                 utilizzare  la  ricchezza  teologica  dell’Esortazione  apostolica  “Redemptoris  custos”,  scritta
                 successivamente  da  Giovanni  Paolo  II,  nel  1989,  la  quale  considera  san  Giuseppe  proprio  sotto
                 l’aspetto di “minister salutis”, ossia di speciale “collaboratore all’opera di salvezza”: “Il Concilio
                 Vaticano II ha di nuovo sensibilizzato tutti alle ‘opere di Dio’, a quell’economia della salvezza, della
                 quale Giuseppe fu speciale ministro. Raccomandiamoci, dunque, alla protezione di colui al quale Dio
                 stesso ‘affidò la custodia dei suoi tesori più preziosi e più grandi’, impariamo al tempo stesso da lui
                 a servire l’‘economia della salvezza. Che san Giuseppe diventi per tutti un singolare maestro nel
                 servire la missione salvifica di Cristo, compito che nella Chiesa spetta a ciascuno e a tutti: agli sposi
                 e ai genitori, a coloro che vivono del lavoro delle proprie mani o di ogni altro lavoro, alle persone
                 chiamate alla vita contemplativa come a quelle chiamate all’apostolato” (n.32).

                        L’allargamento dell’esemplarità di san Giuseppe alla Chiesa in tutte le sue componenti non
                 cancella  o  limita  l’identità  degli  Oblati  di  San  Giuseppe.  Al  contrario,  proprio  coloro  che  sono
                 giuridicamente riconosciuti “giuseppini” hanno l’importante compito di rispecchiare in tutto il loro
                 comportamento l’imitazione di san Giuseppe, perché gli altri vedano in essi un modello convincente
                 e luminoso. Non è questa la funzione dei “carismi” nella Chiesa?








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