Page 113 - Le Riflesione su San Giuseppe
P. 113

DIMENSIONE GIUSEPPINA DEGLI OBLATI DI SAN GIUSEPPE
                 P. Tarcisio Stramare, OSJ


                        Il tema “Dimensione giuseppina degli Oblati di san Giuseppe” è più vasto e complesso di
                 quanto  a  prima  vista  possa  sembrare.  Si  tratta  di  definire  anzitutto  che  cosa  è  la  “dimensione
                 giuseppina” e poi di vedere come la vivono gli Oblati di san Giuseppe.

                        “Dimensione” indica sia l’estensione (grandezza, formato, misura, volume) di un oggetto o
                 fenomeno, sia, in senso figurato, applicata ad un fatto, l’incidenza di una sua nota caratteristica.

                        Ciò che appare a prima vista è l’estensione, visibile, nel nostro specifico di san Giuseppe, nel
                 “fattoreligioso”, che come tale, può essere quantificato. Ne ho trattato nel libro Gesù lo chiamò padre,
                 il  quale,  essendo  una  “Rassegna  storico-dottrinale  su  san  Giuseppe”  documenta,  sulla  base  del
                 risultato delle ricerche finora condotte, l’origine, lo sviluppo, il significato e l’importanza del nostro
                 Santo nella vita di Cristo e della Chiesa. Questa documentazione è fondamentale per sfatare luoghi
                 comuni ribaditi alla nausea: che su san Giuseppe si sa poco o niente, che i Vangeli non ci riferiscono
                 di lui neppure una parola, che il suo culto comincia con santa Teresa, che è l’uomo del silenzio e via
                 …ripetendo. Se tutto questo fosse vero, dovremmo considerare un’impudenza l’affermazione decisa
                 con la quale Giovanni Paolo II inizia l’Esortazione apostolica Redemptoris custos: “Ispirandosi al
                 Vangelo, i Padri della Chiesa fin dai primi secoli hanno sottolineato che san Giuseppe…” (n.1).

                        Ciò significa che c’è modo e modo di leggere i Vangeli e che i Padri della Chiesa, proprio
                 commentando i Vangeli, non potevano evitare di considerare la figura e il ruolo di san Giuseppe. Sul
                 modo di leggere i Vangeli, in particolare i cosiddetti “Vangeli dell’infanzia”, mi sono espresso molto
                 chiaramente nel libro Vangelo dei misteri della vita nascosta di Gesù. Matteo e Luca I-II, edito da
                 Sardini. Sui Padri della Chiesa, inoltre, esiste una raccolta meravigliosa nei Cahiers de Joséphologie,
                 che parla da sé. Se poi consideriamo anche gli interventi del Magistero sulla figura e la missione di
                 san Giuseppe, avremo la conferma di quanto sia sprovveduta l’affermazione che “su san Giuseppe si
                 sa poco o niente”, a meno che ci si riferisca ai programmi delle nostre scuole di teologia.

                        Per rimanere nel campo del Magistero, sarà bene ricordare che la Chiesa  ha definito san
                 Giuseppe come suo Patrono universale e che, nella Redemptoris custos, esortazione rivolta a tutta la
                 Chiesa, san Giuseppe è considerato e presentato addirittura come paradigma della sua identità, che
                 è “il suo umile, maturo modo di servire e di ‘partecipare’ all’economia della salvezza” (nn.1 e 30).

                        Se passiamo ora al secondo significato del termine “dimensione”, che riguarda l’incidenza di
                 una caratteristica in un determinato “fatto”, nel caso specifico la Congregazione degli Oblati di san
                 Giuseppe, questo stesso nome, che ci distingue dalle altre istituzioni nella Chiesa, dice quanto esso ci
                 caratterizzi. La Chiesa, da parte sua, ci riconosce “giuseppini”, a partire dallo stesso nostro Fondatore,
                 il santo Giuseppe Marello, dal quale deriva il nostro codice genetico. In un documento ufficiale, come
                 è il Compendium vitae, virtutum ac miraculorum beati Iosephi Marello, presentato ufficialmente alle
                 autorità competenti in occasione della Canonizzazione dello stesso Beato, la sua “spiritualità” è così
                 descritta: “… In questa conversione occupa un posto di rilievo una figura, un modello, quello di S.
                 Giuseppe. La devozione verso il Custode del Redentore e lo Sposo della Vergine Santa fiorì nel cuore
                 del giovane Marello leggendo le opere di S. Francesco di Sales e si rassodò a Roma durante il Concilio
                 Ecumenico Vaticano I.

                        Da S. Giuseppe il Beato Marello apprese soprattutto la vita di unione con Dio. Il ministero
                 sacerdotale era per lui ministero di relazione intima col divin Verbo sul modello del servizio che S.
                 Giuseppe rese a Gesù. Nelle prime Regole della Congregazione degli Oblati di S. Giuseppe leggiamo
                 che S. Giuseppe fu il primo modello della vita religiosa, avendo avuto egli continuamente sotto gli
                                                                                                        111
   108   109   110   111   112   113   114   115   116   117   118