Page 115 - Le Riflesione su San Giuseppe
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Santa”, “che visse in intimità con Gesù e Maria”. Tutto il Compendium mette in evidenza che noi non
                 siamo una congregazione… mariana, ma giuseppina. E’ questa la nostra identità nella Chiesa!

                        Anche nelle Litterae Apostolicae, riguardanti l’avvenuta beatificazione del Marello, Giovanni
                 Paolo II ci indica in san Giuseppe il nostro essenziale punto di riferimento: “Suis Oblatis proposuit
                 ut in vita et apostolatu christianum exprimerent mysterium, quo modo illud Sanctus Ioseph coluit in
                 coniunctione cum Deo, in humilitate, in occultatione, in navitate. Dicere solebat: “Propria consilia a
                 Sancto  Ioseph  accipiantur oportet,  qui  primus  in  terra  res  Iesu  curavit,  nobis  illum  infantem
                 custodivit, puerum protexit eique pro patre fuit primis triginta annis eius vitae terrestris”.

                        L’unione con Dio, l’umiltà, il nascondimento, la semplicità sono il modo “giuseppino” con il
                 qualedobbiamo  vivere  il  mistero  cristiano,  impegno  che  riguarda  direttamente  e  personalmente
                 ciascuno di noi, che siamo stati chiamati a questo genere di vita. Questa è la nostra vocazione! Come
                 lampada sul candelabro, dobbiamo far conoscere alla e nella Chiesa, attraverso l’apostolato, questo
                 dono  che  le  appartiene;  il  proporlo  e  condividerlo  con  altri  presuppone  in  noi  la  coscienza  e  la
                 conoscenza della nostra identità.

                        Tutti noi, indistintamente - sacerdoti, religiosi/e e laici giuseppini – abbiamo il compito di
                 nutrire e diffondere la “devozione” a san Giuseppe, animati e sorretti dal Movimento Giuseppino, nel
                 quale  è  impegnata  tutta  la  Congregazione  sia  a  livello  centrale  di  Curia,  come  propulsione  e
                 coordinamento generale, sia a livello di ogni Provincia e Delegazione, come impegno e azione sul
                 territorio. Non debbono, tuttavia, mancare tra noi persone qualificate che ne curino e approfondiscano
                 la conoscenza teologica, che sta alla base della devozione stessa. Sembra naturale, infatti, che “gli
                 altri” ci considerino un punto di riferimento almeno su questo campo. L’istituzione del “Meeting
                 Point ‘Redemptoris custos’ “ è stata la risposta “dovuta” degli Oblati di san Giuseppe al magistero di
                 Giovanni  Paolo  II.  Come  dice  il  suo  nome,  si  tratta  di  un  “servizio”  offerto  a  chiunque  voglia
                 conoscere e approfondire i contenuti dell’Esortazione apostolica. I Centri di studio su san Giuseppe,
                 sparsi nelle varie parti del mondo, hanno apprezzato questa iniziativa del Movimento Giuseppino.
                 Anche la Pontificia Facoltà Teologica Marianum (Roma) ha inserito nel programma delle discipline
                 un  Corso  monografico su  san  Giuseppe  (San  Giuseppe  nella  dottrina  e  nella  pietà  della  Chiesa,
                 “Redemptoris custos”) come logico complemento della Mariologia. La nostra Provincia del Brasile
                 si è incamminata su questa strada, organizzando ogni due anni, a livello nazionale, una “Settimana
                 teologico-pastorale su san Giuseppe”.

                        L’esperienza ci ha mostrato che si tratta di una strada difficile da percorrere a motivo di alcune
                 cause che impediscono, a livello dottrinale, l’enter nell’attuale percorso teologico. E’ bene conoscerle
                 sia per non scoraggiarsi sia per sapere da quale parte incominciare. Incontriamo, innanzi tutto, una
                 totale disinformazione di base nella formazione teologica del clero, a motivo della completa assenza
                 della figura di san Giuseppe nei trattati scolastici. I “maestri” non ne sanno tanto di più dei laici,
                 eccettuata qualche conoscenza in più sugli “apocrifi”, ritenuti erroneamente l’unica fonte disponibile.

                        Alla  corretta  lettura  della  Redemptoris  custos  fanno  difetto,  inoltre,  alcuni  presupposti
                 dottrinali. Il primo è quello di una esatta conoscenza della struttura della Rivelazione, come insegnata
                 dalla Costituzione Dei Verbum, che ne indica i tre elementi inseparabili: fatti e parole intimamente
                 connessi  e  il  mistero  in  essi  contenuto.  La  diffusa  interpretazione  dei  cosiddetti  “evangeli
                 dell’infanzia”, che con disinvoltura ammette il theologoumenon o il midrash, preclude in partenza
                 l’accesso  ai  misteri  contenuti  nei  fatti  storici del  periodo  della  vita  nascosta  di  Gesù.  Essa  non
                 considera  che  la  Redenzione  inizia  con  l’Incarnazione  e  con  essa  coincide,  come  ripete
                 insistentemente il Catechismo della Chiesa Cattolica. L’esegesi cattolica non può correre a briglia
                 sciolta. Sconnesso il rapporto tra Incarnazione e Redenzione, cade anche l’attenzione per i “misteri


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