Page 78 - Le Riflesione su San Giuseppe
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Non fu per mancanza di conoscenza o di informazioni che Giuseppe non pubblicizzò la sua
personalità o non fece affermazioni ridicole sulla sua persona in relazione al Figlio di Dio, ma fu per
la coerente testimonianza di una vita di virtù, che egli percorse il cammino della semplicità. Infatti,
era stato notato che fin dal momento del suo incontro con l'Angelo egli era un uomo giusto (cfr Mt
1,19). Il senso della giustizia connota la rettitudine che non permette di arrogarsi ciò che per diritto
non gli appartiene o di rivendicare falsamente ciò che non deriva dalla propria capacità o dal proprio
potere. Giuseppe, avendo sempre amato e venerato Dio, sapeva che la sua vita era per il compimento
della volontà di Dio e non voleva altro che amare e servire Dio.
D'altra parte, l'umiltà che Giuseppe ha mostrato al ritrovamento del Bambino Gesù al Tempio,
dopo che era scomparso per tre giorni, parla del fatto che era un capo-servo che aveva dato libertà
anche alla sua sposa, Maria, nella gestione degli affari della famiglia. Contrariamente alla tradizione
ebraica del suo tempo, che relega le donne in secondo piano e preferisce solo farle vedere invece che
ascoltare, Giuseppe mantenne un rapporto equilibrato con Maria, riservandole un trattamento
caloroso, diverso da quello che piaceva forse alle altre donne del suo tempo. Luca ci dice che fu Maria
a parlare al ritrovamento del Bambino, con entrambi presenti, e non Giuseppe il padre (cfr Lc 2, 41-
52). Con l'avvenimento del ritrovamento nel Tempio, il nome e l'attività di Giuseppe non sono stati
più menzionati in senso attivo diretto, ma solo in riferimento alla persona di Gesù (cfr. Mt 13,55). La
sua missione di dare lo status giuridico a Gesù come Figlio dell'uomo e discendente di Davide si era
compiuta e, come un servo obbediente che aveva fatto ciò che doveva fare, si allontanò
tranquillamente dalla scena.
La gentile e umile disposizione di Giuseppe non deve essere in alcun modo confusa con un
atteggiamento di lasciar fare o con l'atteggiamento di chi rifugge dalle responsabilità, come qualcuno
potrebbe voler interpretare l'episodio del ritrovamento nel tempio dove egli lasciò la parola a Maria
(cfr. Lc 2,41-52). Giuseppe era profondamente immerso nei suoi doveri e si occupava del
mantenimento della famiglia sotto la sua cura, tanto che era identificato come il noto falegname di
Nazareth (cfr Mt 13,55) e considerato uomo giusto (cfr Mt 1,19). Era padre e capo della santa famiglia
in senso pieno e svolgeva i suoi doveri non solo in relazione alle esigenze sociali, ma soprattutto in
relazione alla volontà divina (cfr Mt 2, 13).
Essere un dirigente, o meglio ancora un capo, significa avere qualcosa che è affidato alle
proprie cure, che potrebbe essere un tesoro, o un impero con un popolo che condivide la stessa
idea/visione delle persone dalle quali il capo è stato scelto, e che agisce come suo suddito. In ogni
caso, dove c'è un capo, ci deve essere anche qualcuno da guidare. Molto più che governare sulle cose,
la responsabilità del capo è prima di tutto e soprattutto governare altri della stessa specie di colui che
governa. Giuseppe era il capo della casa di Nazareth e consapevole della natura straordinaria della
sua vocazione, era diventato ancora più umile. Dove regna un potere maggiore, l'amministratore
diventa più umile, soprattutto se si rende conto della fiducia riposta sulle sue spalle. Giuseppe
conosceva il suo posto come primo membro della Santa Famiglia - essendo il capo, eppure era
consapevole della sua indegnità nelle cose del Signore. Era umile e non si considerava all'altezza di
nessuno dei protagonisti maggiori della salvezza umana, cioè Gesù e Maria, con i quali viveva. Da
ebreo fervente, conosceva la distanza tra Dio e l'uomo e desiderava rispettarla; ha sentito parlare delle
messe in guardia rispetto all'avvicinarsi alla presenza del Signore (cfr. Es 19,12; Es 40,1-38) e ha letto
che coloro che vedono il Signore faccia a faccia non resteranno in vita (Gen 32,30; Dt 5,24; Giudici
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