Page 74 - Le Riflesione su San Giuseppe
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una vera immagine del rapporto tra Cristo e la sua Chiesa. Il matrimonio come vocazione dovrebbe
far tremare gli sposi per la dignità e la natura augusta della loro chiamata.
Perfino il nostro patrono, San Giuseppe, provò paura per la prospettiva della sua vocazione, come
indicato dalle parole dell'angelo in Matteo 1:20. Quando San Giuseppe dovette affrontare il sublime
appello per compiere la singolare missione che gli era stata affidata, di essere non solo il marito di
Maria ma anche il custode del Redentore, sperimentò naturalmente la trepidazione. E perché no? Non
solo scoprì che la sua sposa era stata scelta per essere la madre del Salvatore, ma si trovò di fronte
alla possibilità di essere il padre terreno del tanto atteso Messia. San Giuseppe riconobbe la bellezza
di quel momento nella storia della salvezza ed era pienamente e umilmente consapevole dei propri
limiti e debolezze. Davvero di fronte a una vocazione così meravigliosa, non si poteva fare a meno di
tremare, persino per uno santo come San Giuseppe.
Sebbene la nostra vocazione di Oblati di San Giuseppe sia diversa da quella del matrimonio, senza
dubbio sperimentiamo anche incertezza e trepidazione nella nostra vita. Quando non riusciamo a
percepire l'intero piano di Dio, possiamo avere paura di quello che può essere il nostro ruolo in quel
piano. Quando ci viene assegnato un nuovo incarico dai nostri superiori, un nuovo servizio nella
Provincia o Delegazione, o quando ci viene chiesto di servire in modi molto al di fuori della nostra
zona di comfort, possiamo tremare e immaginare che sicuramente tale compito non è per noi. Come
San Giuseppe, possiamo anche mettere in discussione la natura della nostra vocazione e missione.
Ma, invece di essere paralizzati dalla paura, siamo chiamati, come San Giuseppe, a riporre la nostra
fiducia nel Signore e a trovare la pace sapendo che la grazia di Dio ci accompagna lungo la strada.
Infatti, mentre imitiamo San Giuseppe nella sua vicinanza alla nostra Madre benedetta, possiamo
provare la stessa reazione di lui, una paura perché forse non siamo degni, una paura perché forse non
siamo capaci, una paura perché forse c'è uno migliore di noi che dovrebbe prendere il nostro posto.
In pace e tranquillità, tuttavia, imitiamo San Giuseppe, ascoltando la voce del Signore rivelataci,
scegliendo di non temere, avvicinandoci a Gesù e Maria e permettendo a Dio di operare attraverso la
nostra piccolezza.
Intimità autentica. Alcuni anni fa, la nostra Provincia negli Stati Uniti ha ammesso un giovane come
aspirante. Aveva molte virtù e qualità che sembravano indicare una vocazione religiosa, e avanzò
con l'aspirantato, il postulato, il noviziato e i voti temporanei. Ho lavorato con lui personalmente in
varie fasi della sua formazione e posso attestare della sua grande apertura e entusiasmo nel cercare la
volontà di Dio. Ma è venuto anche in Congregazione da una situazione familiare che purtroppo è
sempre più comune oggi: i suoi genitori erano divorziati ed entrambi si erano risposati; entrambi i
suoi genitori acquisiti (stepparents) avevano avuto vari figli dagli altri matrimoni. Una volta mi ha
detto scherzando che nemmeno la Madonna, scioglitrice dei nodi, poteva sbrogliare il suo albero
genealogico. Dietro l'umorismo, però, c'era una verità che era impossibile ignorare: la sua vita
familiare l'aveva influenzato profondamente, e non sempre in meglio. Alla fine questo giovane lasciò
la formazione, in parte perché il suo ambiente familiare gli rendeva difficile comprendere appieno lo
spirito familiare e l' impegno nella nostra Congregazione.
Senza dubbio c'è una crisi relazionale nelle famiglie dei tempi moderni, una crisi tanto insidiosa
quanto straziante. Il crollo della famiglia ha portato i giovani a faticare per fidarsi di coloro che sono
unicamente incaricati della loro cura. Questa mancanza di fiducia si diffonde nelle altre relazioni della
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