Page 71 - Le Riflesione su San Giuseppe
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Dio. Deve averli visti come trattavano bene i loro vicini e perfino gli estranei. Deve aver visto nei
suoi genitori l'esempio perfetto di cosa vuol dire amare Dio e il prossimo.
Come padre responsabile Giuseppe ha insegnato a Gesù il mestiere. Il vangelo di Marco ci
dice che il popolo di Nazaret sapeva bene che Gesù era un falegname xxiv . Anche nella sua predicazione
Gesù ha usato le immagini di aratri, gioghi, forzieri, candelieri, ecc… Molto probabilmente erano
cose che lui e Giuseppe usavano nel loro laboratorio xxv . Ma Gesù non imparò solo da Giuseppe la
capacità di usare il martello, lo scalpello, il righello e la riga a T. Deve anche aver imparato da lui il
valore di un lavoro ben fatto e di vedere il suo «lavoro come espressione di amore» (RC 22).
Probabilmente ha anche imparato da Giuseppe che non si dovrebbe lavorare solo per il cibo che
perisce, ma anche per il cibo che dura per la vita eterna xxvi . Nel vangelo di Giovanni Gesù identificò
questo cibo dicendo: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a compiere la sua
opera» xxvii . Possiamo anche dire che Gesù vide in Giuseppe un uomo giusto la cui vita era nutrita e
rinvigorita dal desiderio più profondo di conoscere e realizzare la volontà di Dio? È anche ragionevole
immaginare che Maria debba aver raccontato a Gesù gli eventi della sua misteriosa nascita e come
Giuseppe abbia messo tutto se stesso al servizio della volontà e del disegno di Dio.
Infine ci chiediamo come Giuseppe e Maria abbiano accettato il celibato di Gesù, che era
qualcosa di contro-cultura nella società tradizionale degli ebrei. Allora tutti prendevano come norma
ciò che dicono le Scritture, «non è bene che un uomo sia solo» xxviii . Tuttavia già l'incidente di trovare
Gesù nel tempio deve aver lasciato una profonda impressione su Giuseppe, preparandolo ad accettare
che Gesù era destinato a un percorso diverso, stabilito dalla volontà del Padre celeste e non da
convenzioni umane xxix . Giuseppe deve aver capito che tutte le tradizioni umane sono subordinate alla
volontà di Dio. Il suo dovere di padre verso Gesù si è realizzato soprattutto nel rispetto della sua
libertà e delle sue decisioni, e nel sostenerlo ad adempiere la sua vocazione e missione. Ma Giuseppe
non ha avuto il privilegio di vedere che il più grande studente del mondo, cresciuto in «sapienza, età
e grazia» sotto il suo tetto, diventò il più grande insegnante. Questo però non ci proibisce di
immaginare che prima della sua morte Giuseppe abbia avuto il piacere di ascoltare la saggezza del
Figlio di Dio, che Dio Padre aveva affidato alla sua cura paterna.
Conclusione
La figura di San Giuseppe come padre ed educatore dovrebbe avere un influsso sui genitori,
insegnanti, formatori, mentori e tutti coloro che sono coinvolti nella formazione dei giovani. Per i
genitori l'esempio di San Giuseppe è una sfida a non rinunciare al loro ruolo educativo perché, più di
chiunque altro, hanno responsabilità nella formazione delle menti e dei cuori dei figli. Dalla nascita
la casa è una scuola che nello stesso tempo forma i bambini a imparare un mestiere specifico e a
educarsi alla vita. San Giuseppe mostra che il dovere dei genitori è soprattutto accompagnare e aiutare
i loro figli a scoprire la loro vocazione e missione nella vita. A tutti gli insegnanti, i formatori e i
mentori nelle scuole, nelle case di formazione e negli oratori, l'esempio di San Giuseppe ricorda che
l'insegnamento è una nobile vocazione, che trae ispirazione dalla missione di genitori. Pertanto
devono sempre considerarsi come i secondi genitori dei loro studenti. In questa prospettiva il tipo di
educazione ideale consiste nella perfetta collaborazione tra scuola e casa. San Giuseppe ricorda a tutti
gli educatori che il successo della loro missione non sta soltanto nel dare la possibilità ai giovani di
raggiungere una vita confortevole, ma anche nell’aiutarli a scoprire e realizzare lo scopo e la missione
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