Page 13 - Le Riflesione su San Giuseppe
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assiste  all'omaggio  dei  Magi  venuti  dall'Oriente  (cf  Mt  2,  11);  e  più  tardi,  nella  circoncisione,
                 adempiendo  alle  disposizioni  della  Legge  mosaica,  ha  il  privilegio  di  pronunciare  e  imporre  al
                 bambino il nome di Gesù, che gli era stato rivelato al momento della sua "annunciazione": "E lo
                 chiamerai Gesù, perché salverà il suo popolo dai suoi peccati »(Mt 1,21).

                 Giuseppe contempla il Figlio nei luoghi ordinari della vita quotidiana: casa, officina, cortile,  strada
                 e assume l'atteggiamento di ammirazione e stupore tipici delle persone che hanno trovato in Gesù la
                 ragione della vita.

                  … “quella felice sintesi a voi lasciata dal Marello …”

                 Il titolo di questo paragrafo viene dal discorso di papa Francesco ai partecipanti al nostro ultimo
                 Capitolo Generale, in cui ha tracciato il ritratto ideale dell’Oblato di San Giuseppe: “Vi incoraggio,
                 pertanto, a continuare a vivere e operare nella Chiesa e nel mondo con le virtù semplici ed essenziali
                 dello  Sposo  della  Vergine  Maria:  l’umiltà,  che  attira  la  benevolenza  del  Padre;  l’intimità  con  il
                 Signore, che santifica tutto l’operato cristiano; il silenzio e il nascondimento, uniti allo zelo e alla
                 laboriosità in favore della volontà del Signore, nello spirito di quella felice sintesi a voi lasciata dal
                 Marello  come  motto  e  programma:  «Siate  certosini  in  casa  e  apostoli  fuori  casa».  Questo
                 insegnamento, sempre vivo nel vostro spirito, impegna tutti voi, cari fratelli, a custodire nelle case
                 religiose  un  clima  di  raccoglimento  e  di  preghiera,  favorito  dal  silenzio  e  da  opportuni  incontri
                 comunitari. Lo spirito di famiglia cementa l’unione delle comunità e di tutta la Congregazione” (Agli
                 Oblati di San Giuseppe, 31.8.2018).

                 Senza voler entrare nella problematica relativa alle diverse forme di contemplazione, ci limitiamo a
                 dire che questo termine deriva dal latino contemplum o piattaforma che esisteva davanti ai templi
                 pagani, da cui i sacerdoti potevano scrutare e indagare il firmamento  – le stelle e gli astri – per
                 indovinare i disegni delle divinità pagane e quindi formulare i presagi.


                 Invece in senso teologico contemplare significa avere “lo sguardo  rivolto al Signore” (CIC 2709) per
                 acquistare  la  “conoscenza  interiore  del  Signore”  e  poterlo  amare  di  più  (CIC  2515).  La
                 contemplazione  aiuta  a  centrare  la  vita  in  Cristo,  conduce  alla  familiarità  con  lui  e  favorisce  la
                 conoscenza intima della sua persona.

                 Dall'altra  parte,  si  può  parlare  della  dimensione  contemplativa  dell'esistenza  che  consiste
                 nell’atteggiamento di riflessione e di sosta meditativa per cercare di integrare le esperienze e non
                 lasciarsi sopraffare dal vortice dell’attività.

                 Il compito di sintonizzare e armonizzare il nostro essere certosini (vita interiore, contemplazione,
                 studio, preghiera, raccoglimento, tempo per la riflessione) con l'attività esterna (apostolato, gestione
                 del flusso di informazioni, rete dei contatti sociali virtuali e reali) costituisce una delle nostre sfide.
                 In fondo, si tratta di trovare l'equilibrio tra la preghiera e l'apostolato e tra l'annuncio della parola di
                 Dio e il tempo dedicato alla meditazione.

                 Purtroppo spesso avviene che la dimensione contemplativa sia la prima vittima dei tanti  impegni
                 quotidiani. La cultura attuale non aiuta ad alimentare un’attitudine contemplativa. Immersi in tanti
                 stimoli,  si  rischia  di  vivere  nella  ricerca  continua  di  gratificare  i  bisogni  immediati  e  nell’ansia
                 dell’attivismo.

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