Page 12 - Le Riflesione su San Giuseppe
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passione per Gesù Cristo e per l’umanità e in fragile convinzione del valore e della bellezza della vita
consacrata; e di conseguenza porta a diverse frustrazioni che un certo numero dei religiosi oggi
sperimenta. In questo momento storico si corre il rischio di ridursi a una sola dimensione e lasciarsi
travolgere dall’attivismo, che non necessariamente significa "tempo dedicato alla missione
evangelizzatrice". Senza i momenti riservati esclusivamente allo stare con il Signore, i consacrati
diventano poco a poco come i rami staccati dalla vite e gradualmente il sale della vocazione religiosa
perde il suo sapore.
San Giuseppe - falegname indaffarato e contemplativo
Prendendo spunto dalle affermazioni riportate e approfittando dell’Anno di San Giuseppe che, tra
altro, ci invita a rileggere l’Esortazione Apostolica Redemptoris Custos a 30 anni dalla sua
pubblicazione, vorrei richiamare l’attenzione su un aspetto del ritratto di San Giuseppe dipinto
proprio sulle pagine di questo documento. E lo scopo della mia lettera è quello di stimolare la
riflessione e l’approfondimento sulla necessità di una maggiore armonia tra il nostro essere certosini
e apostoli, o in altre parole, tra l’amore contemplativo e l’amore serviziale che dovremmo unificare
nella vita e nella missione.
Per molti secoli è stata opinione diffusa che la contemplazione fosse un’attività riservata ai monaci e
ai religiosi per la presunta incompatibilità con l’attività secolare vista come un ostacolo
insormontabile. Per diventare contemplativi sarebbe stato perciò necessario allontanarsi in luoghi
solitari.
Però il Custode del Redentore ci offre un interessante lezione sul tema che stiamo focalizzando,
perché a prima vista non soddisfa il requisito menzionato. Vivendo nel mondo, san Giuseppe è stato
costretto a occuparsi delle faccende quotidiane e mantenere costantemente la rete dei contatti sociali
e professionali. Oltre al tempo trascorso sulle strade della Palestina, le sue attività non sembrano le
più favorevoli al mantenimento della tranquillità, considerata come un’altra condizione per
contemplare: come marito, conosce il sapore della crisi matrimoniale e passa il tempo nel
discernimento (cf Mt 1, 18-24); come padre, in angustia, cerca per 3 giorni il Figlio e non riesce a
comprendere l’azione dell’adolescente di 12 anni, che, senza spiegazione, si allontana (cf Lc 2 50);
come lavoratore, sicuramente avrà sperimentato la precarietà della sua occupazione. Per il resto, come
profugo è costretto a lasciare la sua patria con la famiglia, per sfuggire all'ira di un tiranno
ossessionato dal potere (cf Mt 2, 14,15).
Tuttavia, la storia della spiritualità associa il nostro Santo falegname, coinvolto in compiti quotidiani,
con l'uomo contemplativo. L’esortazione apostolica Redemptoris Custos afferma che solo
apparentemente privilegia l'azione e i vangeli parlano esclusivamente di ciò che Giuseppe «fece»;
tuttavia, consentono di scoprire nelle sue «azioni», avvolte dal silenzio, un clima di profonda
contemplazione. Giuseppe era in quotidiano contatto col mistero «nascosto da secoli», che «prese
dimora» sotto il tetto della casa sua” (RC 25). “Al suo lavoro di carpentiere nella casa di Nazaret si
stende lo stesso clima di silenzio” (ivi).
Giuseppe, uomo giusto, aspettava la venuta del Messia ascoltando e meditando le promesse
messianiche dei profeti. Il suo primo incontro con Gesù avviene quando questi era ancora nascosto
nel grembo di Maria. In seguito, avanza sulla via della contemplazione assistendo all'adorazione dei
pastori arrivati sul luogo della nascita (cf Lc 2, 15- 16); il suo cuore si riempie di ammirazione mentre
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