Page 6 - Le Riflesione su San Giuseppe
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intratteneva sovente sulla vita interiore di San Giuseppe [...], che non si diede mai totalmente alla vita
esteriore, ma alle sue azioni univa lo spirito di orazione” (G.B. CORTONA, Brevi memorie, in Studi
Marelliani, 1-2 (2012), 63 e 64).
L'iniziativa dell’Anno dedicato al Custode del Redentore farà forse sorgere in qualcuno la domanda:
è possibile che una figura senz’altro importante, ma lontana nel tempo, come quella di San Giuseppe,
possa ispirare e trasmettere ancor oggi l'impegno di “servire gli interessi di Gesù” nella Chiesa? O
anche: vale la pena riproporre, nel nostro tempo, il Santo dell'umiltà e del silenzio, come modello da
imitare? Cosa può insegnare ancora la sua vicenda, agli uomini del 21° secolo?
Rispondo a queste obiezioni limitandomi a costatare che è lui, San Giuseppe, che ci riporta sempre al
centro della nostra vocazione cristiana e religiosa; che ci aiuta a riscoprire i tratti dell'identità del
vero Oblato; e che ripropone alla comunità cristiana il sempre attuale e inconfondibile suo stile di
fedeltà nel servizio. Volendo indicare una parola che da sola riassuma la missione e l’eredità
spirituale di San Giuseppe, basta dire “Gesù”, il nome che il nostro Santo fu chiamato a
pronunciare a imporre nel rito della circoncisione (Mt 2,25); quel nome di cui San Paolo dice
che “è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla
terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2,
10).
San Giuseppe vive profondamente l’unione con Gesù, lo contempla nel mistero dell’incarnazione e
nei misteri della vita nascosta, e in questo modo ci ricorda costantemente che la vocazione alla vita
consacrata, e ogni altra vocazione cristiana, consiste anzitutto nella relazione personale con Gesù
Cristo. In questo modo sollecita tutti noi a “ri-centrare” la nostra vita su Gesù, ossia sull’Unico
necessario, da cui tutto il resto proviene e assume significato e valore. Alla scuola di San Giuseppe,
infatti, impariamo ad accogliere la Parola come ragione della nostra vita e del nostro apostolato;
impariamo a crescere nella fraternità; impariamo la fortezza d'animo, condizione indispensabile per
affrontare le sfide della vita quotidiana dell’apostolato.
Propongo che nel corso di quest’anno ci ispirino e accompagnino queste parole del vangelo secondo
Matteo, da approfondire nella riflessione personale e comunitaria:
Alzati …, Egli si alzò, nella notte, e prese il bambino e sua madre (Mt 2, 13.14). Alzati … Egli si
alzò. Il verbo “alzarsi” richiama il movimento, è legato a una proiezione verso l’alto ed è ricorrente
nella Sacra Scrittura, in diversi contesti, sempre con significato positivo: alzarsi in piedi, rialzarsi
dopo la caduta, alzare gli occhi nella preghiera... È una chiamata a lasciare la postura da seduti o da
sdraiati, per mettersi in movimento, perché la comodità non appaga le profonde aspirazioni del cuore
umano e contrasta con la logica evangelica. Questa parola pronunciata dall’angelo nel sogno,
ascoltata e accolta, porta un cambiamento radicale nella vita di Giuseppe. L'uomo “dei sogni”, è
aperto alle “sorprese” di Dio e ne accetta la volontà, anche quando questo gli sconvolge la vita. Per
tre volte sogna e ogni volta riceve soltanto un messaggio e una spiegazione parziale. Ma per fare la
volontà di Dio non è necessario avere il quadro completo della situazione, con tutte le conseguenze e
gli eventuali sviluppi. È sufficiente solo “tanta luce quanto basta al primo passo” (H. Newman).
…nella notte… Questo complemento di tempo evoca il carattere simbolico della notte nella Sacra
Scrittura; mette in risalto e aiuta a cogliere lo spessore del carattere di Giuseppe, che non si tira
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